Non abbassare mai la guardia….quando la difesa diventa il nostro avversario più grande

Significato del sintomo

Nel nostro lavoro grande attenzione riveste il “sintomo”, la manifestazione esplicita, visibile ed “attaccabile”, che il paziente e/o la famiglia ci portano Questo è ancora più vero per i teorici della scuola sistemica che nel sintomo di una persona vedono non solo espresso metaforicamente il conflitto psichico soggettivo, ma anche la funzione che esso svolge all’interno del sistema relazionale in cui emerge.
Per il clinico diventa quindi centrale capire cosa si nasconde dietro una fobia o dietro un disturbo d’ansia, capire quando è sorta la necessità di farvi ricorso, inserirla in una storia familiare che coinvolge come minimo le 2 generazioni precedenti.
Uno degli assiomi fondanti la terapia familiare è l’importanza del trigenerazionale, il riportare lo sguardo ad un passato per poter dare significato e intervenire sul presente.

Alleanza terapeutica

Ma per poter accedere ai diversi piani generazionali, per poter dare inizio ad un lavoro psicoterapico, c’è bisogno che ci si affidi al terapeuta. E’ necessario riponga in lui fiducia, con la consapevolezza di non essere ingannato.
Questo “aggancio” non è né automatico, né scontato, può richiedere tempo, incontrare ostacoli e subire attacchi, tuttavia, per poter dar inizio ad un lavoro terapeutico è necessario che esso si crei.

Fu Zetzel (1958) ad utilizzare per la prima volta il termine “alleanza terapeutica” per “indicare una dimensione interattiva riferita alla capacità di paziente e terapeuta di sviluppare una relazione basata sulla fiducia, il rispetto e la collaborazione e finalizzata ad affrontare i problemi e le difficoltà del paziente

Tradimento

Ma cosa impedisce/ostacola una persona a fidarsi dell’altro e più in generale del prossimo? Il tradimento.

Come ben spiega Carotenuto (1991), con riferimento ai primi anni di vita del bambino “soltanto se non siamo stati traditi ma amati in questa fase precocissima e cruciale della nostra esistenza potrà instaurarsi quella fiducia primaria che funzionerà più tardi come una sorta di piattaforma, di fondamento o contenitore, di referente insomma stabilmente interiorizzato per la non agevole impresa di fare qualcosa di noi stessi

È quindi la fiducia primaria ad essere intaccata.

Come ampiamente dimostrato dai teorici dell’attaccamento un maternage adeguato è caratterizzato da sensibilità e responsività ai bisogni del bambino. Esso dà la possibilità a quest’ultimo di sviluppare una fiducia nell’altro, avendo avuto la possibilità di sperimentare una “base sicura” all’interno della relazione con il proprio careviger. Avrà inoltre una consapevolezza del proprio valore che trae dalla costatazione dell’immagine che l’altro gli rimanda e dalla cura e conforto che riceve.

Ne consegue che tali bambini crescendo acquisiranno una buona autostima. Saranno consapevoli delle proprie capacità, con una buona fiducia in se stessi e nell’altro, e conseguentemente con un’ottima capacità di instaurare legami anche profondi.

Destino molto diverso per chi non ha avuto la fortuna di poter godere di un buon maternage. Anche per chi, nel corso della sua vita è stato costretto a rivedere le sue credenze sul mondo e sulla bontà degli uomini.

In quest’ultima categoria rientrano i traditi.

Tradimento e perdità della fiducia

Quando a tradire sono coloro che, nell’immaginario comune e universalmente condiviso, sono gli “intoccabili”, la mamma e il papà, quelli che ancora oggi, nei casi di infanticidio o abuso e/o maltrattamento e/o abbandono, si fatica a vederli come capaci di tanto orrore, la visione del mondo del bambino non può non apparire oscura, pericolosa o essere lui quello “sbagliato”, che merita quel trattamento.
Può anche capitare che il tradimento insorga più avanti nella vita del bambino e/o dell’adulto; mettiamo il caso ad esempio di una donna, cresciuta con dei buoni genitori, che con ogni probabilità avrà sviluppato una fiducia primaria, ma ha la disgrazia di subire un abuso sessuale. Tale evento, la cui portata è altamente destrutturante, minerà con ogni probabilità la sua fiducia negli altri e nell’essere umano in generale.

Ma anche chi ha avuto o ha la sventura di vivere l’esperienza terrificante di una guerra, dove la brutalità dell’uomo può arrivare all’impensabile e all’indicibile, si ritroverà costretto a rivedere la sua visione del mondo, la sua capacità di fidarsi. In “Le due vie del destino”, il soldato inglese Eric Lomax, catturato a Singapore nel 1942 dai Giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale, e sottoposto a torture disumane da parte della polizia segreta Kempeitai, a distanza di 40 anni sente ancora di essere in guerra, come se una parte di lui fosse rimasta lì in quei luoghi che hanno spezzato la sua vita.

Si può recuperare?

E’ possibile superare un tradimento? Si può ritrovare fiducia nel prossimo e nel genere umano? La ferita si può rimarginare?
Si può, ma solo a determinate condizioni.

In primo luogo ci sarà bisogno di tempo.
Una ferita o una mancanza di fiducia di base ha bisogno, per poter essere sanata, di un lasso di tempo consistente. Un tempo non preventivabile, in cui la persona possa ricredersi sulla possibilità di affidarsi.

In secondo luogo deve poter sperimentare nuove relazioni, in cui far esperienza “di cure continuative e costanti”, in grado di offrire sicurezza e che rimandino un’immagine positiva di se stessi. Tuttavia, tale possibilità si scontra con la tendenza, umana e universale, di “incappare” nelle persone che ci rimandino l’immagine che noi abbiamo di noi stessi, in modo da vederla confermata.
In terzo luogo, è necessario che “l’altro” sia capace di reggere di fronte alla sfiducia, ovvero sia in grado di comprendere che non è legata al lui, ma ha una sua ragione d’essere all’interno della storia di quella persona. L’altro sarà costantemente messo alla prova per testare la sua autenticità, la sua solidità, spesso strumentalmente svalutato, e inevitabilmente frustrato. Potrà capitare che, consapevole dell’enorme fatica richiesta rinunci, e potrà farlo o riconoscendo e ammettendo la sua difficoltà oppure attribuendo il fallimento all’ altro, “all’ingrato”.

Essere “l’altro” non è semplice ma è anche vero che spesso ha il suo tornaconto; tuttavia questo verrà affrontato più nel dettaglio nel capitolo successivo.

Una cosa fondamentale per riuscire a superare veramente un “tradimento” per risanare quella ferita è riuscire a perdonare: passare da una giustizia “retribuitiva” ad una “riparativa”. Una giustizia che lenisca le ferite e che liberi le vittime dall’oppressione dei sentimenti di rancore e vendetta, restituendogli la possibilità di “essere”.

Luciana Sarra

Per approfondimenti: https://lucianasarra.it/terapia-individuale-firenze/

https://blog.iodonna.it/umberta-telfener/2013/06/26/la-fiducia-agli-altri-si-sceglie-di-darla/